Catalogo della mostra alla Mobilco di Cassacco, Udine
marzo 1986
L’ormai antico obiettivo del raggiungimento, sulla tela, di un equilibrio dinamico, secondo l’enunciazione di Mondrian, rivive di nuovo nelle opere recenti di Maria Teresa de Zorzi. Di nuovo ed originalmente. in primo luogo per improponibilità, oggi, dell’assoluta propositività del maestro olandese, che nella forma cercava un modello etico, appunto conseguente all’equilibrato rapporto di una costante di posizione e del variare di dimensioni; ma pure l’inattualità culturale di soluzioni fondate su analitiche metodologie scientifiche, un tempo, negli anni 50 e 60, fortunate nell’ arte neocostruttiva, cinetica e programmata. Di qui il rifiuto da un canto della strutturazione della superficie entro coordinate ortogonali, come invece in Mondrian, e dall’altro l’accantonamento e di stesure uniformi, impermeabile alla flagranza del fenomeno, dinamizzazioni meccaniche, programmaticamente ritmate, proprie dell’astrazione del dopoguerra.
E’ invece la dialettica viva tra la figura e lo sfondo ed il vivo palpitare dell’una e dell’altra, attraverso il digradare della luminosità, il flettersi e modularsi degli elementi che scandisco il primo piano ed il frangersi in tocchi policromi della superficie di fondo, con esiti determinati dalla fantasia e dall’invenzione, oltrechè dalla pura essenziale volontà di dominare la composizione legando, anzi fondendo, progetto ed immediatezza fattuale.
Ecco, quindi, il calcolo delle bande geometriche e la pittura dei supporti. Ecco la consequenzialità seriale ( però tutt’altro che definitoria) degli elementi modulari (ma non staticamente ripetitivi) ed il lievitare del retrostante tessuto di aerei pigmenti. Ed ecco in ogni parte del dipinto il distendersi sereno o il dialogare serrato o anche il confrontarsi acceso del colore-luce, vero protagonista di le creazioni della De Zorzi, estranee ad un comporre solo stilistico, nelle quali anzi lo stile è direttamente innestato nell’interiorità.