da “Terzoocchio”
giugno 1986
Più sottile si fa il gioco nella serie “trip”, ispirata ai grattacieli di New York.
La stesura del fondo è più vibrata: invece di sequenze ordinate di tratti assistiamo ad un animarsi improvviso di brevi, concitate disomogenee. La scala cromatica delle linee che compongono il primo piano non solo si fa più sinuosa, mossa imprevedibile nella successione dei toni di luce, ma crea col fondo un’interferenza quasi tattile. Il gioco non è più semplicemente geometrico: verticale contro orizzontale. Diventa: macchia contro forma, gesto contro segno, struttura contro stesura.
Questa risonanza tra una forma astratta e la fisionomia di un oggetto che riconosciamo non tanto come ‘grattacielo’ quanto come la sensazione del modo di articolarsi della luce e del colore che ci rimane impressa nella memoria anche molto tempo dopo aver visto quello straordinario monumento alla modernità che è lo skyline di New York, nasce da un’altra felice forma di convivenza: quella tra geometria e poesia.
DANIELA PALAZZOLI
